Negli ultimi vent’anni, tutte le regioni italiane hanno registrato un marcato incremento dell’età media della popolazione residente. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istat, l’età media in Italia è passata da 42,5 anni al 1° gennaio 2005 a 46,8 anni al 1° gennaio 2025.
Le regioni in cui si osservano i maggiori incrementi sono tendenzialmente quelle del Mezzogiorno. Nello specifico, il valore massimo si registra in Sardegna (+7,4 anni), seguita da Puglia (+6,5), Basilicata (+6,0) e Campania (+5,9). Sebbene gli aumenti più significativi dell’età media si osservino nelle regioni meridionali, i livelli di partenza più bassi fanno sì che, al 2025, siano altre le regioni a presentare i valori più elevati — con l’eccezione della Sardegna. Il primato spetta alla Liguria, dove l’età media raggiunge i 49,6 anni; solo in questa regione e in Sardegna si supera la soglia dei 49 anni. Valori superiori ai 48 anni si registrano anche in Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Molise, Toscana e Piemonte.
Analizzando la composizione per età della popolazione residente in Italia e nelle sue ripartizioni tra il 2005 e il 2025, si osservano importanti differenze. In tutti i territori diminuisce il peso dei giovani (fino a 14 anni) e degli individui in età attiva (15-64 anni), mentre aumenta l’incidenza dei più anziani (65 anni e più). Le differenze più marcate si riscontrano soprattutto nel Mezzogiorno: se nel 2005 la composizione per età delle regioni meridionali si discostava in modo significativo da quella delle altre ripartizioni territoriali, a distanza di vent’anni tali divari si sono notevolmente ridotti, fino quasi a scomparire. Nel 2025, infatti, la struttura per età della popolazione risulta ormai simile in tutte le aree del Paese: in ogni territorio, le persone in età attiva costituiscono circa il 63-64% del totale, mentre i giovani rappresentano l’11-12% e gli anziani il 24-25%.
La diminuzione della popolazione in età attiva rappresenta una forte problematica per il nostro paese in termini di sostenibilità economica e sociale. Un indicatore da tenere in considerazione in tal senso è l’indice di dipendenza strutturale della popolazione, che rapporta la popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e più) con quella in età attiva (15-64 anni), fornendo una misura del carico sociale ed economico di quest’ultima. Valori superiori al 50 denotano una situazione di squilibrio fra le due popolazioni e, nello specifico, indicano che il peso degli individui con necessità di sostentamento è troppo elevato rispetto a quello di coloro in grado di sostenerli. In Italia già nel 2005 il valore dell’indicatore era di 50,7, per poi salire in vent’anni al 57,8. Al 2025 la regione italiana in cui si registra il valore massimo dell’indicatore è la Liguria (65,3). Anche in Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Piemonte, Marche, Toscana e Molise si osservano valori elevati, tra il 60 e il 63.
L’aumento dell’indice di dipendenza strutturale può essere determinato da due differenti fenomeni: un aumento della popolazione non attiva (nominatore del rapporto) e/o una diminuzione della popolazione attiva (denominatore del rapporto). Nel contesto italiano, tali fenomeni avvengono in concomitanza. La popolazione attiva è composta, inoltre, da due distinte sottopopolazioni, quella dei giovani e quella degli anziani. L’incremento della popolazione inattiva che si verifica nel nostro paese è interamente attribuibile alla popolazione anziana, in quanto quella giovanile sperimenta, al contrario, una contrazione.
Quanto finora esposto è visibile osservando i valori dell’indice di vecchiaia, vale a dire il rapporto fra la popolazione d’età pari o superiore a 65 anni e la popolazione di età compresa fra 0 e 14 anni. L’indice assume valore pari a 100 quando l’ammontare delle due popolazioni è uguale. Valori inferiori a 100 indicano una presenza maggiore della popolazione giovanile, mentre valori superiori a 100 indicano una preponderanza della popolazione anziana.
Al 2025 l’indice di vecchiaia in Italia è pari a circa 208, vale a dire che gli anziani sono più del doppio dei giovani. In Liguria e in Sardegna i valori dell’indicatore risultano particolarmente critici, sfiorando quota 300: ciò significa che per ogni giovane ci sono quasi tre anziani. Nel 2005 vi erano ancora regioni in cui l’indice di vecchiaia risultava inferiore a 100; secondo gli ultimi dati, invece, in nessuna regione italiana il valore scende oggi sotto quota 140.