Bollettino 03/2020 Agosto – Settembre

Una necessaria riflessione sul futuro post Covid-19

I dati che presentiamo in questo terzo numero del bollettino costituiscono una sorta di primo bilancio delle conseguenze dell’epidemia da Covid-19 e delle misure di aiuto ai lavoratori. Inoltre viene offerta una documentazione del mutamento degli orientamenti di opinione pubblica verso il governo e le istituzioni comunitarie proprio in conseguenza del Covid-19.

Tuttavia, la pandemia di questi mesi getta una luce diversa e nuova sui principali accadimenti del recente passato. Nei primi dieci anni del XXI secolo il mondo è stato sconvolto da quattro eventi critici inattesi, in larga parte non prevedibili secondo i canoni tradizionali di interpretazione della società: a) la crisi finanziaria del 2008-2011, a partire dalla crisi dei prestiti subprime americani; b) il ripiegamento di stampo protezionista rispetto alla globalizzazione dei mercati di beni e servizi, in particolare dopo l’elezione di Trump nel 2016; c) la difficoltà a controllare l’espansione delle tecnologie digitali, tanto sul versante degli effetti sui posti di lavoro quanto su quello del loro impatto geo-politico; d) una pandemia di dimensioni e pericolosità del tutto imprevista e diffusasi a macchia d’olio in ogni parte del mondo.

Queste quattro crisi hanno davvero cambiato il modo con il quale guardare alla nostra epoca, in particolare perché hanno per la prima volta messo in discussione la supremazia del mercato come unico regolatore delle società contemporanee. E non a caso ritorna prepotente sulla scena una vecchia figura dei secoli passati, fino a qualche tempo fa considerata fuori moda: lo Stato, le istituzioni, la politica, con il necessario corollario dell’intervento pubblico nell’economia e nella società. Appare infatti evidente che il mercato è inadatto ad affrontare questo tipo di crisi. Che si tratti di regolare i mercati finanziari, di riorganizzare gli scambi internazionali, di frenare/controllare alcune dimensioni preoccupanti delle tecnologie digitali, oppure infine di affrontare le pandemie con misure straordinarie di sanità pubblica, in tutti questi casi abbiamo a che fare con eventi globali impossibili da risolvere attraverso le sole forze di mercato.

Nello specifico ambito della rappresentanza, l’attuale situazione è da esaminare con attenzione. Da un certo punto di vista si tratta di un’occasione unica e non prevista di ripensamento dei rapporti tra associazioni di rappresentanza e istituzioni, molto simile a quanto accaduto dopo la prima guerra mondiale e dopo la crisi del 1929. A livello territoriale, regionale e nazionale, infatti, le associazioni di rappresentanza degli interessi hanno svolto un enorme lavoro di tutela delle proprie basi elettive, in molti casi attraverso un continuo confronto con le istituzioni regionali e nazionali, rendendo evidente quanto fosse irrealistica l’idea che la disintermediazione, con i corollari della democrazia del leader e democrazia diretta, fosse la migliore soluzione al governo delle società contemporanee.

Anche Confprofessioni, in tutte le sue articolazioni associative territoriali e categoriali, si è trovata ad affrontare compiti di rappresentanza, tutela e servizio con una intensità mai sperimentata prima. Si tratta di un’esperienza eccezionale che dovrà prima o poi venire raccontata in tutte le sue sfaccettature in modo da dare un senso storico agli accadimenti dei mesi scorsi. Ma che obbliga anche a riflettere su come rafforzare le nostre strutture associative, così da rispondere in modo più adeguato e tempestivo alle crescenti domande che provengono dalla nostra base. Specie se si tiene conto che la rinnovata centralità delle istituzioni pubbliche -Stato e Regioni, in primis- necessita dell’apporto delle competenze offerte dai mondi libero-professionali, pena il rischio di ritardi, inefficienze e sprechi che non possiamo in alcun modo permetterci.